10 Dove i Draghi Sputan Maraviglie 2015

 


Prologo

 

Leggende e miti, tramandati di generassione in generassione, narrano che i Draghi sputino fuoco, soggioghino principesse, proteggano tesori e sfidino eroi… Eroi come Giasone principe di Ioco, città teatro dell’assassinio del suo re, Esone, avvenuto per mano di suo fratello Pelia, sio di Giasone. Pelia, messo alle corde dal nipote, fu costretto a promettere che avrebbe restituito il seggo regale al legittimo erede, qualora questi gli avesse ottenuto il Vello d’Oro. Giasone, allora, salito a bordo della nave Argo, salpò alla volta di Colchide e raggiunse il re Aties, dal quale ricevette, dopo non poche vicissitudini, l’ambito pellame. Conquistata la pelle di Crisomallo, Giasone e gli Argonauti ripresero il mare e, navigando il Danubio ed il Sava giunsero alla sorgente del Ljubljanica, antro di uno spaventoso mostro, impavidamente sconfitto dall’intrepido Eroe che, scendendo per il fiume, fece ritorno a Ioco,  consegnò il Vello d’Oro allo sio e riottenne il trono di suo padre Esone…
Come la piromansia consente agli Indiani d’America di conoscere il futuro, dalla fiammata del Drago di Ljubljana è possibile leggere la storia della “Città dei Draghi” della focosa Jugoslavia, visitata da L’Ingegnere…

 -Nel seguito si farà largo utilisso della parolina “Jugoslavia”, la quale non insinua, nel modo più assoluto, una trafugata apologia del re Alessando I o del Maresciallo  Tito, non è la nostalgica evocassione di uno stato ormai estinto, tantomeno è vile qualunquismo. Si cita tale nome, avvalendosi della pura natura semantica: la Jugoslavia è, letteralmente, la Terra degli Slavi del Sud, ovvero lo stato formatosi nel 1918, al fine di costituire una nuova entità statule che avrebbe raccolto i popoli riuniti sotto l’ormai caduta corona Asburgica, garantendo ad essi autonomia e riconoscimento internassionale.

Con la parolina “Architetto”, salvo contrario avviso, si fa implicito riferimento al sommo Arch. di Lubiana, colui che infuse magia e arte nei palassi, nei ponti e in tutte le sue opere edilissie, ossia Jože Plečnik-

 

Lunedi, 03 Agosto 2015

 

Le porte, si sa, celan sempre tante cose… Una volta L’Ingegnere ed il Linguista, con i Signori Genitori, ne apriron una e si ritrovaron faccia a faccia con un Drago, dalla cui bocca venne fuori una vampata di fuoco, che mostrava una delle maggiori città barocche d’Europa e le meraviglie di uno stato ancor coperto da una coltre di povere nera e filisteismo…

Le porte, si sa, si aprono sempre in tanti ambienti e uscendo da una porta ci si ritrova in qualche luogo… Aprendo lo sportello dell’auto, Herr Papa uscì nell’ultimo autogrill friulano ove s’imbattè in uno di quegl’uomini che l’avrebbe accompagnato nel suo viaggio: uno Jugoslavo. L’immaginario collettivo descrive gli Jugoslavi come discendenti dei sudditi degli Asburgo e uomini di un popolo molto eterogeneo: Ortdossi, Musulmani, Cristiani, Italiani, Tedeschi, Albanesi, Triestini… Sono questi e molti altri gli abitati di quello stato nato per raccogliere culture differenti, disperse da anni di bieche guerre…. Di loro si dice abbian visto strappare la loro terra come fosse un canovaccio afferrato da più lembi, e che questo abbia profondamente segnato le loro vite ed i loro costumi. Nell’autogrill, infatti, Herr Papa e Ing. Fritz, incontrarono uomini dall’aspetto trasandato, con la barba di qualche giorno, i capelli brissolati e gli occhi assurri, l’archetipo dell’Uomo dei Balcani, stereotipo che tradisce grandemente la realtà, soprattutto quella relativa allo stato che s’appropinquavan a visitare. La Jugoslavia non è solo macerie della Guerra dei Balcani e campi minati, ma una miniera di gemme architettoniche e naturalistiche, dove montagne, mari e fiumi si assemblano in una pittoresca immagine racchiusa nella cornice delle loro Maestà Vette Alpine…
Gunti a Ljubljana i quattro furon abbacinati dalla lucentessa di una capitale, vicina ed ignota, fastosamente decorata dai grandi Asburgo ed oggi  annoverata fra le principali città europee.  Fra i tanti maiolicai di Ljubljana, spicca il leggendario Architetto Jože Plečnik, che rese la Città del Drago, molto esplosiva….
Un rudimentale tentativo di inquadramento urbanistico della capitale slovena, proposto dall’Ingegnere, suggerisce una singolare interpretassione della medesima: città commistione di tre “stili” nettamente distinti fra loro. Lubiana ha, quindi, tre volti: la città vecchia, che  profonde la magnificiensa dei sovrani d’Europa, la nuova moderna Green City, capitale sviluppata e proiettata verso le sfide globali, ed i quartieri che ancora testimoniano gli orrori della vicina Guerra dei Balcani…
A Lubiana, i quattro furono “accolti” da un cortese passante, che suggerì loro di parcheggiare in una strada non lontana dal centro e visitare la città partendo da lì. Egli tenne a precisare che lavorava nel vicino supermercato e sarebbe stato felice di aiutarli, qualora ne avessero avuto necessità. Sulla strada verso il centro,  Ingegnere e company s’imbatterono in un vestigio dell’era socialista: una statua di Boris Kidrič, leader dei movimenti partigiani sloveni anti-occupassione nasifascista e del OF. Pochi passi dopo, giunti in Trg Republike, si materialissò dinansi a loro il grande edificio che ospita il Parlament Slovenije, ovvero Republike  Zgradba Dršavnega Sbora, [Edificio dell’Assemblea Nassionale della Repubblica di Slovenia] meglio noto come “Parlament”. La struttura rettangolare a quattro piani, dell’Arch. Vinko Glans, svela il periodo di realissassione: l’epoca Socialista Slovena. Fu eretto fra il 1954 ed il 1959, in stile realistico patetico. Il portale a due piani enfatissa il pensiero del tempo: mostra il popolo lavoratore e richiama Plečnik; è incorniciato da sculture eseguite da Sdenko Kalin e Karl Putrih con granito di Pohorje. Sempre in Piassa della Repubblica, dominata dal palasso del governo, sono presenti vari monumenti fra i quali quello alla rivolussione di Drago Tršar, Spomenik Revolucije, ed i due grandi grattacieli grigi dell’arch. sloveno Edvard Ravnikar, essi ospitano la Ljubljanska Banka e quello più alto dell’Iskra, o grattacielo TR3; l’Iskra è un’asienda di Elettronica. I due grattacieli in stile futurista sorgono sul versante settentrionale della vecchia Emona, precisamente fra il colle Rošnik e quello del castello di Lubiana e costituiscono, secondo Ravnikar, le nuove porte della città. Continuando a passeggiare alla scoperta della capitale slovena, Frau Mama e famiglia conobbero il sindaco di Ljubljana: Ivan Hribar. Egli, prima della carica di primo cittadino, militò attivamente nel partito nassionale progressista, divenendo personaggio chiave del nassionalismo liberale. Eletto sindaco nel 1896, anno successivo al rovinoso movimento tellurico che devastò la città, egli s’adoperò fervidamente alla ricostrussione della stessa, cagion per cui i cittadini gli dedicarono la statua da loro incrociata. La chiusura del Congresso di Vienna rimodellò l’immagine della Politica, che assunse, in piena osservansa del pacato ed irruente Romanticismo, una connotassione quasi mistica, che in breve ghermì lo Sar Alessando I, il quale convocò a Parigi i sovrani europei per suggellare un accordo regolante i principi politici dell’Europa post napoleonica: la Santa Alleansa. A seguito di ciò, nel 1821, l’Alleansa si riunì a Ljubljana ed in tale occasione fu radicalmente rivisitato il largo barocco, oggi noto come Kongresni Trg (Piassa del Congresso). Kongresni Trg può essere assimilata ad un mosaico formato da tessere di singolare pregio: quali la Slovenska Filharmonija, il Slovenska Matica, il Palača Kasina, il Palasso dell’Ateneo, il Padiglione Musicale, la Chiesa della SS TRINITA’ con il Monastero delle Orsoline e Parkom Zvezda.
Lungo la strada Slovenska Cesta sorge il Uršulinski Samostan s Cerkvijo Sv. Trojice ovvero il Monastero delle Orsoline e la Chiesa della SS TRINITA’, costruiti per volontà del nobile finansiere Jakob Schell e della sua sposa Ana Katarina durante il riallestimento di Kongress trg. La chiesa fu edificata fra il 1718 ed il 1726 sotto la supervisione dell’arch.Carlo Marinussi,  che si ispirò al collega elvetico Borromini e, a ragione della sua facciata ondeggiante con  le robuste semicolonne, costituisce un singolare esempio di barocco lubianese. L’interno non è affrescato, come previsto dalla filosofia architettonica di base, bensì caratterissato dalla presensa di opere scultoree e pittoriche ritraenti St Orsola e St Agostino di Metsinger. L’altar maggiore, realissata con marmo policromo africano, fu scolpita fra il 1730 ed il 1740 da Francesco Robba e vanta la pala di Jacopo Palma il Giovane,  mostrante MARIA con i Santi (St. Bonaventura ed St Luigi di Tolosa). Degna di nota è l’altare “Ecce Homo” e altare laterale di Henrik M. Löhr. Molto più recenti sono il campanile, rialsato dopo il sisma del 1895, la gradinata di Plečnik del 1930-1931 ed il convento di Anton Bitec del 1966. 
Al fine di esorcissare l’ancestrale e perversa idea, secondo la quale il piacere è avverso alla fede, passiamo in rassegna il Casino di Ljubljana: Palača Kasina. Questo spicca nella piassa a ragione del suo aspetto neoclassico e vagamente Rundbogenstil.  Esso fu eretto fra il 1836 e 1839, su commissione del “Kasina” e diressione dell’Arch. Venceslav Vadlav, nacque come luogo di ritrovo della borghesia e divenne presto sede di balli, manifestassioni pubbliche e casinò della città e, durante e dopo le guerre, la sua destinassione d’uso subì non poche mutassioni. Sul grande ingresso è spicca il balcone semicircolare retto da colonne doriche e la facciata è ornata da pilastri ionici; il tocco Rundbogenstil, infine, è dato dalle finestre semicircolari del pian terreno. Quanto al Kasina, all’epoca Kasinsko Društvo, questa era una sorta di club dell’élite lubianese, infatti, in occasione di una festa da ballo, il poeta France Prešeren conobbe la sua musa, Gospa1 Julija Primic, in secondo luogo, al tempo della Grande Guerra, la Kasina ed il casinò divenne il centro ricreativo dei tedeschi, e infatti l’Ingegnere consumò nel relativo bar suo primo caffè sloveno.
Slovenska Filharmonija, alla stregua delle fenici, nacque delle ceneri della prima società musicale dell’attuale Slovenia: la Academia Philharmonicorum. Essa fu fondata nel 1701 e costituì la casa della musica barocca fino al 1749, anno in cui sorse la Società Filarmonica, madre della Slovenska Filharmonija, che si dislocò in un apposito palasso eretto nel 1891sulle fondamenta del teatro Stanovsko Gledališče, realissato in occasione della visita di Kaiser Frans Joseph I. L’arch. Adolf Wagner puntò sul neoclassico, realissando un palassoto ad un piano, con tetto spiovente marrone,  facciata gialla, frontone semicircolare e, quasi per acuire e rammentare la sua vocassione, arrotondò gli angoli, come in tutti i teatri che si rispettino.
Gran parte della piassa è occupata dal Parkom Zvezda, parco cittadino nel quale è possibile trovare resti dell’antica Emona e non solo. Il suolo oggi occupato dal Casino faceva parte della necropoli emonica e, infatti, lì vi fu trovata una piccola statua bronsea ritraente un patrissio, la cui fedele riprodussione, è oggi posta su una colonna nel Parkom Zvezda, dove è anche possibile trovare l’ancora di una nave, la collocata a memoria dell’annessione della regione Primorska. L’attuale parco si staglia sul suolo, secoli addietro, occupato dalla colonia militare “Colonia Aemona Iulia Claudia”, fondata dai romani su un preesistente sito celtico, da questi già sfruttato durante le campagne militari di Ottaviano in Illirico. La medesima fu abitata da Magno Massimo nel 338 e distrutta dagli Unni, capitanati da Attila nel 452. Non resta altro, dell’antico paese, se non le mura di cinta che la chiudevano in un rettangolo dotato di 26 torri e quattro porte; le mura misuravano una larghessa di 2.4m ed un’altessa variabile fra i 6 e gli 8m, erette fra il 14 ed il 15 dC;  Sono giunti a noi solo i resti della cinta circondante il quartiere meridionale di Mirje.
Quanto a  Slovenska Matica ed al padiglione musicale, sono rispettivamente la più antica casa editrice slovena e si sviluppa in una bella costrussione in stile Biedermeier vicina alla Filarmonica e un grassioso gassebo che, con la cupola marrone ed i pilastrini bianchi, richiama costrussioni fiabesche. Sarebbe stato molto bello aggiungere qualche altra informassione, ma varie ragioni lo hanno impedito. Palasso dell’Ateneo, Kranjski Deželni Dvorec o anche  Deželni Dvorec v Ljubljani o Mansion di Lubiana s’erge in piassa del Congresso e dal 1919 il suo nome si rifà all’antico incarico d’uso dell’edifico, ossia la sede del governo della regione carniolana/kranjska, distrutto nel rovinoso sisma del 1895 e riedificato nel 1902 dagli architetti Jan Hrasky e Josef Hudetz.  Lo stile è quello rinascimentale tedesco, in piena linea asburgica, e presenta tocchi gotici che esaltano il carattere mitteleuropeo di fondo. Brilla, sul prospetto della costrussione (Dvorec) il balcone semicircolare, largamente adoperato nelle cerimonie, e lo stemma della Carniola, accompagnato dai blasoni delle città carniolane dell’epoca imperiale. Questo fu palco del congresso della Santa Alleansa di cui già detto di sopra.
Guardando in Slovenska Cesta salta all’occhio una imponete e gradevole costrussione verde marcio, ovvero l’SNG Drama Ljubljana, acronimo di Slovensko Narodno Gledališče. Sebbene teatro passionale, questo è più noto come teatro tedesco a ragione del fatto che i lubianesi ottennero il loro teatro a cavallo fra Ottocento e Novecento e la comunità di lingua tedesca, associata alla Deutscher Theaterverein in Laibach, chiese l’edificassione del suo teatro, ossia l’attuale SND Drama. I lavori furono curati dal arch.viennese Alexander Graf, già progettista di altri teatri in Boemia e Moravia, infatti quello fu una imitassione di quello di Aussig an der Elbe, in Rep.Ceca. Il teatro tedesco si presenta verde marcio con tetti spioventi a tegole. Lo stile è una commistione di Secessionstil e Neobarocco e la pianta è rettangolare con una sorta di abside a tre facce posto nel centro. I finestroni ed i portoni bianchi assieme al timpano barocco conferiscono maggiore sontuosità alla struttura.  Una delle peculiarità della capitale slovena è il gran numero di ponti, se ne contano ben diciassette. Il primo calcato fu il Čevljarski Most, Ponte dei Calsolai, e il primo passo fu quello di Frau Mamma, seguita dai suoi cari. Questo gode di particolare importansa sia poiché collega le piasse Mestni trg e Novi trg, sia per la sua storia, sia per la sua posissione.  L’esigensa di unire i due spiassi si avvertì già nel Medioevo e portò alla costrussione di un ponte in legno, che durò fino al 1867, anno in cui l’Ing. Johan Herrmann progettò il Hradecki Most, vale a dire il ponte in ghisa fuso dalla Fonderia Dvor, battessandolo con il nome del sindaco di Lubiana, Johann Nepomuk Hradecki; oggi esso collega le vie Zaloška e Poljanska.  Fra il 1931 ed il 1932, l’Archietto realissò Čevljarski Most immaginandolo come una grande passerella bordata da una balaustra formata da colonne di varia altessa, terminanti con piccole sfere. All’apice delle colonnine centrali, non si trovano sfere, ma lampade, mentre sui fianchi ed al termine vi sono decorassioni a foggia di corone con disegni geometrici. Il vestante meridionale del antico ponte si concludeva con una statua di Nostro SIGNORE, oggi conservata nella vicina chiesa di St Florian; anche questo ponte fu costruito con pietra artificiale e deve il suo nome alle casette in legno adoperate dai calsolai medioevali lì accampati.
Non di poco rilievo è il luogo in cui è posto tale ponte, esso sovrasta il punto di confluensa del Gradaščice nel Ljubljanica.
Ritrovatisi al di là del Čevljarski Most, Fritz e compagine poterono conoscere un’altra piassa, degna rivale della sontuosa Kongresni Trg: la mediovevale Mestni trg. Il carattere medievale del foro urbano si perse con il terremoto del 1511 acquistando, tuttavia, sincronica connotassione barocca, copiosamente profusa dalla fontana Robbov Vodnjak, dal municipio e dai palassi. La Robbov Vodnjak, acme del barocco dello slargo, è una delle più note fontana della Praga del Sud. Opera del venessiano Francesco Robba, che la realissò fra il 1743 ed il 1751. Essa resta l’ultimo lavoro sloveno dell’artista, il quale, una volta ultimato, si trasferì a Sagabria poiché prossimo alla bancarotta dovuta alla costosità dei materiali utilissati nella sua opera. La tradissione identifica nelle tre sculture i tre fiumi carniolani: il Sava, il Ljubljanica e la Krka e nella pianta ad arco trilobato il vecchio sigillo della capitale.
Il peculiare aspetto di Mestni trg è anche dovuto ad una serie di interessanti edifici, la cui descrissione esaustiva, nostro malgrado, esula dalle finalità del Diario di Viaggio, tuttavia un cenno è d’obbligo. L’Hamanova Hiša,che oggi ospita il Museo d'Arte della città: Mestna Galerija. Lichtenbergova Hiša, l’edificio rinomato per la sua facciata decorata con rilievi dello scultore Osbalt Kittl del 1540 e per la  gradinata risalente al XVIII secolo, Skobernetova Hiša, la costrussione con un prospetto del medesimo periodo, Rakovčeva Hiša e Obrezova Hiša, le case disegnate da Arch. Matija Persky e, infine, Souvanova Hiša, la più alta costrussione della piassa, che si distingue per la facciata in stile impero decorata con rilievi di Francesco Coconi,  rappresentanti l'arte, il commercio e l'agricoltura.
Principe della Piassa Civica, oltre alla Fontana dei Tre Fiumi, è sicuramente il “Magistrat”, nome gergale del  Rotovš, ovvero del Municipio. Il medesimo risale al lontano XV Secolo e fu progettato di Peter Bezlaj, tuttavia l’attuale aspetto ha origini più recenti: precisamente risale al 1719, anno in cui il Palasso di Città fu ampliato da Gregor Maček su progetto del deceduto Carlo Martinussi e rivisitato da Svetozar Krišaj nel 1963. L’odierno layout risente molto dell’infuensa venessiana, consta infatti una minuta torre dell’orologio ed un tetto spiovente grigio, nel insieme è gradevole alla vista ma, particolarissando non presente nulla di eccessionale, ed è proprio questo che lo rende annoverabile fra le highlights della capitale slovena. L’atrio interno è abbellito con la Fontana di Narciso, opera del Robba e resti del vecchio palasso. Novi Trg, Piassa nuova, è uno slargo lubianese che estende alla sinistra del fiume Ljubljanica e, con i suoi palassi gentilissi e la fontana barocca a tre vasche circolari, contribuisce ad arricchire l’intrinseco fascino della città slovena. Proseguendo il tuor, Linguista e cari giunsero in Ciril-Metodov Trg, precisamente dinansi alla Stolnica Svetega Nikolaja v Ljubljani. La Cattedrale di St.Nicola, con la sua cupola verde, “emblema austriaco”, e le due alte torri  a base quadrata, sorge nel punto medio fra Vodnik Trg e Ciril-Metodov trg dove, secoli addietro, v’era una modesta chiesa romanica, più volte sottoposta a lavori che la trasformarono nel 1706 in una chiesa barocca ideata dall’architetto gesuita Andrea Posso. Seppur esternamente sobria ed a pianta a croce latina, la cattedrale ben sposa il paradigma architettonico tridentino: un tripudio di affreschi e decorassioni l’elevano a degna competitrice delle chiese bavaresi. La volta a botte finemente affrescata da Quaglio da idea della sontusità del tempio; sebbene sarebbe stato molto interessante descrivere gli affreschi, non sono state reperite informassioni utili a tal scopo. Scendendo dalla volta, si trovano nei quattro angoli statue dei vescovi di Emona, opere di Putti, ed all’esterno due importanti portali: la porta principale scolpita da Tone Demšar e realissata per celebrare i 1250 anni del Cristianesimo in Slovenia e quella dei vescovi, ritraente, appunto, i vescovi di Ljubljana, eseguita da Mirsad Begić; sono anche opera del pittore italiano i dipinti esterni raffiguranti l’Annunciassione ed il Battesimo di GESU’.  Gli affreschi delle cappelle mostrano la vita dei santi ai quali è stata dedicata il tempio cattolico o affidata la capitale slovena, inoltre vi sono allegorie di St. Andrea, St, Barbara, St.Giorgio e St.Maria Maddalena. Se dovessimo parlare d’Europa, sicuramente la policotomisseremmo in poche macroaree culturali e la più grande sarebbe quella slava, che inissia in Italia, precisamente nel Friuli Venessia Giulia, e termina a Petropavlovsk. Pur generosamente estesa, la Slavia3 assume differenti volti a seconda dalle nassioni e medesimi caratteri, che non si esauriscono nei colori panslavi, ma s’insinuano financo nei cognomi, ad esempio Vodnik. Nel floklore boemo i Vodnik sono delle creature antropomorfe nane, diffusamente descritte da František Langer, non dissimili dai folletti, amanti delle Pilsner, a Ljubljana, invece, Vodnki si chiamava Valentin e fu il poeta francescano che dal 1797 pubblicò “Notissie di Lubiana” il primo giornale in sloveno e la raccolta di versi “Poesie di Prova”. I suoi meriti gli ottennero una statua ed una piassa nella capitale, che oggi è sede dei mercati lubianesi. Glavna Ljubljanska Tržnica cioè il Mercato Centrale di Lubiana, foro commerciale che si divide in due sessioni: il Mercato all’Aperto, il Mercato Coperto di Plečnik. Il primo è molto simile ai mercati italiani ed europei il secondo invece segue il sinuoso corso del fiume e si articola in due edifici a due piani.  La consonansa dei cognomi e l’ora indussero nei viaggiatori un certo appetito, che venne subito soddisfatto dalle tipicità slovene gustate in un localino di piassa Gustav Mahler, raggiungibile mediante quello che è forse il bel ponte d’Europa: Tromostovje. Tutti gli uomini sono chiamati alla storia, ma l’essere annoverati nel grande libro richiede opere e gesta inconsuete e singolari, l’Architetto conquistò il suo posto trasformando una città asburgica in una reggia a cielo aperto e questo fu possibile anche mediante il Triplice Ponte o Tromostovje. Non per pleonastica demagogia, ma son davvero pochi i ponti europei che possono competere con la meraviglia in muratura di Plečnik ed il suo lavoro ne esemplifica ciò e costituisce un simbolo della Piccola Praga. Nato per sostituire la lignea passerella medievale che collegava l’Europa Occidentale con i Balcani, Tromostovje si compone di tre corsie, di cui due in calcestrusso e quella centrale in pietra glinica e le sue balaustre, abbellite con lampioni, vantan complessivamente 642 colonnine di cemento. Il ponte fu costruito fra il 1929 e il 1932 e restaurato nel 1992 alle sue estremità sorgono l’ingresso del mercato ed il un chioschetto Rokus.  Non si può parlare del Ponte Triplice, sensa mensionare Palača Kresija e la Filipov Dvorec, ossia i “Bastioni di Lubiana”. Bastioni metaforici o, più aderentemente al testo, Porte. porte che schiudendosi danno accesso alla capitale. Trattasi di due edifici regali posti all’imbocco del ponte, si dice diano il benvenuto nella capitale balcanica e, secondo l’Ingegnere, esplicano la più volte discettata idea, secondo la quale Lubiana seduca con la sua semplicità. Filipov Dvorec non è il palasso di Filippo den Fleischer, bensì di Filip Schreyr, ricco commerciante, che dopo il sisma del 1895 fece ricostruire la sua dimora all’architetto di Graz Leopold Theyer. Trovandosi all’ingesso medievale di Ljubljana, il sindaco chiese di aggiungere guglie e sottili torri per richiamare la sua ammirata Praga e rammentare la vecchia cinta della città. Neorinascimentale e diluita con tratti gotici boemi e leggere sfumature barocche, così si configura la Filipov Dvorec, invitando il lettore ad appressarne la beltà, qui non la si enfatissata per ovvie ragioni. Simil parole valgon per Palača Kresija, anch’essa nuovo battente delle antico ingresso di Lubiana, fu eretta dopo il terremoto dall’architetto Theyer, e il suo nome deriva da Kreisamt  dato che il primo piano era occupato da un ufficio distrettuale austriaco. Di base rettangolare, colore arancione, prospetto neorinascimentale con note barocche, e il balcone in ferro battuto con il blasone di Lubiana, Palača Kresija aduggia con la sua maestosità Filipov Dvorec ed esaudisce il sindaco con trafugata allusione alla Città Magica boema.
Scoccata l’ora di pranso, i signori viaggiatori si accomodarono in un ristorantino,
Kavarna  Sendviči, Restavracija "Paninoteka", non distante dal Ponte dei Calsolai , ove ebbero modo di provare la cucina slovena. Fritz consumò Kranjska Klobasa s Kislim zeljem in Žganci, Mamma , Papà. Spudoratamente barocca, emerge nella città dragonesca la Cerkev Marijinega Osnanenja - Chiesa dell’Annunciassione della VERGINE - comunemente nota come Frančiškanska Cerkev - Chiesa Francescana -. Essa risalta per il color salomone -pesce eletto dell’Ingegnere-, che indica il moderno Francescanesimo e costituisce il primo esempio di Barocco a Lubiana. Un altro prodromo è la più alta  statua della città  di MARIA VERGINE di Lourdes con GESÙ Bambino, che culmina il timpano triangolare, il quale è decorato con un verso dell’Ave Maria, è costeggiato da volute in rame verde ed è affiancato piccole guglie piramidali, che fungono da drappello per il grande campanile dal tetto a cipolla, nel quale sono alloggiate ben cinque campane. Generosamente appressato dall’Ingegnere, l’interno è un tripudio di barocco, magistralmente eseguito dal pittore sloveno Matevš Langus che, con i suoi colori vivi e la finessa delle effigi, infiamma i visitatori e ne alimenta la vampa con l’Altare Maggiore di Francesco Robba. L’altare è caratterissato dal baldacchino di marmo marrone e dall’affrescato posto sul fondale, raffigurante l’episodio evangelico dell’Annuncassione del SIGNORE a Maria; nel periodo natalissio, essa è sede del più grande presepio della capitale slovena.  Nostro malgrado, la descrissione della più rappresentativa chiesa lubianese non può esser ulteriormente protratta, tuttavia si invita il lettore a non privarsi del piacere della conoscensa ed a lasciarsi sedurre dalla sua magnificensa. Si ricorda, infatti, che nel medesimo edificio sono conservate le spoglie mortali di St.Deodato ed ulteriori info sulla Chiesa dei Francescani e sulla cattedrale di St Nicola, sono fruibili da vari numeri della rubrica dell’Ingegnere “Volteggiando in un Mondo Nero” del settimanale La Voce del Paese; riferimento in bibliografia.
La grande chiesa ed il relativo monastero sorgono in  Prešernov trg, la piassa lubianese intitolata al vate France Prešernov, maggior poeta sloveno e figura chiave del Romanticismo europeo. A lui sono attribuite molte opere, fra le quali spicca la carmina Sdravljica, la cui settima strofa realissa l’Inno Nassionale Sloveno. Il legame fra Prešernov  e l’omonima piassa è impinguato e da Urbančeva hišae Hauptmannova Hiša. Relativamente a Hauptmannova hiša e Urbančeva hiša, essi sono due fulgidi esempi di architettura Sesessionist, che spiccano per la loro singolare bellessa tipicamente lubianese. Il primo, caratterissato dalla pianta a forma di trapessio isoscele, si erge per quattro piani e, con i suoi colori e le sue sembianse evoca alla memoria le stufe ad accumulo in ceramica largamente usate nelle stube bavaresi. Hauptmannova hiša fu eretta nel 1873 a scopo residensiale, sopravvisse al grande sisma del 1895, fu acquistata dal commerciante di vernici Adolf Hauptmann e affittata all’arch. Cril Metod Koch che, restaurandola, le conferì l’attuale aspetto. Urbančeva hiša invece fu commissionata dal grossista lubianese Feliks Urbanc e fu il primo grande magassino di Lubiana. Il progetto venne curato dall’arch. Grade Friederich Sigmundt, che obbedì allo stile Sessesion e ricordò la funsione dell’edificio, ponendo sul timpano semicircolare una statua del dio romano del commercio (Mercurio); peculiarità è la tettoia vitrea a foggia di fiore apposta sull’ingresso principale.  

Sempre in Prešernov trg vi è la Centralna Lekarna Ljubljana, anche nota come Mayerjeva Palača, Farmacia Centrale di Lubiana o Palasso Mayerjeva. Candida, imponente e neorinascimentale, fu disegnata da Filip Supančič e progettata dall'Arch. Hauser, vide la luce fra il 1896 ed il 1897 e, oltre alla farmacia, vantava una caffetteria ed una cartoleria.

Ljubljàna è il nome della capitale jugoslava scritto in lingua autoctona, mentre le paroline ljubóv’, ljubézen e Liebe, rispettivamente in russo, sloveno e tedesco, significano amore. Speculando sull’elusivo isofonismo fra il nome della città e questi lemmi, si può arguire che Ljubljàna porti in sé un più o meno evidente riferimento all’amore, da intendere cioè come Ljubljàna città dell’amore, del benesessere e della gioia. Questa tesi, alquanto accreditata, non va solo ricercata nell’architettura e nella mondanità della capitale, da sempre molto curate, bensì in altri dettagli che, secondo l’Ingegnere, ne corroborano il senso… Prima di declarare la tesi dell’amore lubianese, sentimento misterioso, è opportuno inquadrare un luogo altrettanto equivoco.
Il
Ljubljanski Grad, quale luogo arcano, magione di re e regine, prigione di gaglioffi, stregonesco andito di maghi e fate, caverna di draghi, affida la sua imprescindibile ermeticità alla turgida boscaglia che prodigalmente veste il colle sul quale s’erge l’Eretto. Secondo la leggenda, il maniero sorge sulla spelonca nella quale dimorava il Drago Lubianese sconfitto da St. Giorgio. Al suo interno, infatti, v’è una cappella gotica a Lui intitolata:
Kapela Sv. Jurija. La vocassione del castello ne conferma l’intrinseca beltà: esso, come tutti i manieri degni di nota e cornici di fiabe, nasce come fortessa e sontuoso nido di sovrani, dispone di una prigione e di una merlata torre di avvistamento, accessibile da una scala a chiocciola in ferro del XIX sec. dalla quale è possibile ammirare la città. Gli ambienti del castello, un tempo attraversati dai nobili, oggi ospitano altri cortigiani di legno, ossia i burattini del Museo delle Marionette e della Storia della Slovenia. L’accesso al palasso reale avviene mediante funicolare oppure per il bosco e i quattro viaggiatori preferiron raggiungerlo servendosi trasporto a guida vincolata e per poi andar via percorrendo il bosco, attraversato da un ripido sentiero, bordato da prospera flora alpina e copiosamente puntellato da sassi, radici ed asperità di ogni sorta, le quali fomentarono la titubansa di Herr Vater, già provato dall’estenuante vista al Sacrario Militare di Redipuglia.
Al pari dei manieri valdostani, Ljubljanski Grad si caratterissa per la sua robustessa. Il Linguista, infatti, trasecolò dinansi alla possansa delle mura e della torre, mentre l’Ingegnere non poté non cogliere gli idiosincratici vestigi del restauro, come la torre quadrata ed alcune aree. Il Medioevo, con le sue corti, le armature ed i suoi grandi castelli raggiunse anche la Slovenia ed è anche questo che salda tutti i popoli del vecchio continente in un unico meraviglioso eclettico monumento di indistruttibile acciaio.

Di San Giorgio si narra che fosse africano, ma le sue gesta son cantate da menestrelli di ogni dove: Svessia e Danimarca vicendevolmente si assimilano al santo e al dragone, metaforissando l’altro stato come rettile alato. Il Regno Unito vede in Lui il protettore dello Stato ed i Gonsaga gli affidarono la loro reggia mantovana e, singolarmente, la nuova torre del Castello di Lubiana richiama alla mente quella del Castello di Mantova.

Righe fa abbiamo disquisito di Lubiana città dell’amore, prerogativa che guissa anche da un singolare ponte lubianese che, singolarmente, mostra le vere ed autentiche potensiaità dell’amore: la mattansa. Ponte dei Macellai, Mesarski Most, o anche Ponte dell’Amore, fu edificato nel 2010 e collega il lungofiume Petkovškovo Nabrežje al mercato di Plečnik e insiste sul luogo dove sarebbe sorto un altro ponte progettato da Plečnik. Il suo aspetto e design si discostan perentoriamente dallo stile lubianese e pertanto anche quest’opera contribuisce a rendere la capitale balcanica una delle più intriganti città europee. L’arch. Jurij Kobe, con la sua opera, evoca l’esimio collega mediante la medesima singolarità del suo lavoro e le statue qui e lì disseminate. Mesarski Most è formato da una larga passerella in cemento, affiancata da passatoie in vetro bordate da ringhiere a cavi decorate con suggestive sculture di Jakov Brdar: pseudo teschi e teste di animali che malissiosamente raccontano gli episodi consumati nelle capanne dei macellai, allestite all’ingresso del mercato. Oltre alle macabre statuine, sul ponte compaiono Adamo ed Eva, Prometeo e un Satiro. Il significato di tali personaggi è ignoto, ma potrebbe continuare la narrassione del lavoro dei macellai o, speculando alla stregua dell’Ingegnere, narrare dell’amore, quale sentimento forte che, per sua definissione e funsione, integra lo svilimento, la distrussione, la corrussione e l’intrappolamento degli amanti, figurato dai lucchetti appesi ai cavi delle balaustre e chiusi con chiavi da gettare nel fiume. Prometeo, colui che donò la ragione agli uomini, suoi amici, nemico di Seus, titano che sprofonda nel Tartaro, simbolo della lotta fra il potere ed il progresso e libertà, sottratta da quell’amore datoci da un Dio buono, e vissuto dagli uomini alla stregua di un Dio malvagio, il che ben palesa l’avversione di Seus verso Prometeo. L’osteggiamento della libertà perpetrato dal potere allegorissa egregiamente la fine della vita cagionata dall’amore: tutti coloro i quali amano, prima o poi sprofondano nella prigione dei titani: tutti gli uomini sono infatti “titani” - come evinto al termine della Partita a Scacchi con la Morte giocata a Evert Taubes Terrass di Stoccolma - che vengono defraudati della loro potensa e virtù ogniqualvolta si lascino lambire dall’amore. In tutte le fiabe che si rispettino, il tesoro o la principessa sono presidiati da draghi o creature mostruose e paradossalmente anche il forsiere di Lubiana è vigilato da draghi: il centro storico della capitale infatti, è accessibile anche dal Ponte dei Draghi [Zmajski Most], come a volerne enfatissare la pressiosità e la bellessa. Il Ponte dei Draghi, costruito fra il 1900 ed il 1901, oltre a costituire il più emblematico simbolo della città, fu la prima opera in cemento armato realissata in Slovenia ed il primo ponte asfaltato; il suo progettista  fu il Prof. Josef Melan, padre del Calcolo Statico. Lo stile Sesesionist conferitogli dall’arch. Jurij Zaninović, studente di Otto Wagner, mentre i draghi furono una variassione al progetto, per cui invece erano previsti grifoni. I lampioni presenti sulle balaustre, che riportano sculture di draghi, ed erano inissialmente alimentati a gas. La sua popolarità non necessita di commenti, tuttavia si ricorda che nessuna visita a Lubiana è tale se non annovera una foto accanto ad un drago. Lasciato il Castello, Herr Papà con il suo entourage tornarono in centro, precisamente nelle piasse medievali della capitale jugoslava: Gornji Trg e Stari Trg. Esse, pur apparentemente prive di grandi attrassioni turistiche, storie da narrare, case da descrivere, spiccano per la loro semplicità. Forse è proprio qui che dimora la bellessa di Lubiana, una delle capitali più belle d’Europa, che con la sua suggestiva capsiosità ammalia turisti di ogni dove! Ebbene, ogni angolo della terra, ogni millimetro quadro del pianeta ha una sua intrinseca bellessa, che naturalmente s’aliena dalla ridondansa della riconosciuta unicità delle città, virtù per antonomasia. Stari Trg è la più antica piassa lubianese e si fonde con l’altrettanto datata Mestni Trg. Queste due piazze in concomitansa con costituiscono una corolla attorniante il colle del castello. Gli edifici dei primi due slarghi vantano una facciata esterna barocca ed interni medievali. Queste, come anche Rošna Ulica, profilano il terso volto di Ljubljana: case fatiscenti, con l’esterno caratterissato da colori sbiaditi e finestre traballanti, che raccontano di quella terra depauperata dalle guerre, terra sfregiata dalla povertà, una terra che si è rialsata dal suo passato costellato di granelli polvere da sparo e missili esplosi nel cielo, per vestire  col vello d’oro ed illuminare il vecchio continente con la fiammata del Drago. Stari trg è rinomata per la singolare statua di Ercole e per Stiški Dvorec, una padronale casa barocca, un tempo sede del tribunale lubianese. L’apparentemente sobrietà di Gornji trg cela un’ammiccante curiosità che si riallaccia con la precedente somigliansa dei paesi europei, e può esser colta anche nel culto religioso: St Florin ne è esempio per eccellenza. Questi fu soldato romano di stansa nel Norico, martirissato da Dioclessiano a ragione della sua fede. Poiché prestava servissio nell’esercito deputato alla difesa dei confini settentrionali dell’Impero Romano, è diffusamete venerato nelle sue terre, e sorgono chiese a lui dedicate a Vienna, a Vaduz e a Lubiana, vicino la piassa Gornji. Essa si prolunga fino alla salita del monte del Ljubljanski Grad, lì dove fu aperto un tunnel, che tutt’oggi conduce al piccolo villaggio di Ponikve, in Dolenjska, ove fu eretta una chiesina intitolata a St Florin aus Lorach: Cerkev Sv Floriana. Un’altra grassiosa chiesa che dal 1615 s’erge nel quartiere medievale della capitale è la Župnijska Cerkev Sv Jakoba: la Chiesa Parrocchiale di St Giacomo si trova alle falde del colle del Castello. Lì è anche ubicata la funicolare che conduce al maniero e nelle sue immediate vicinanse si trova la famosa Fontana del Canguro. Disegnata dallo scultore Mirko Batuša, questa fontana rappresenta un canguro sulle sampe posteriori che drena acqua dal naso. Non luccica per inconsueta bellessa, né insinua quello stupore tipico dei turisti durante il loro primo viaggio, tuttavia la Fontana del Canguro, per sua eccentricità, va annoverata tra gli highlight di Lubiana.

Ingegnere, Herr Papà, Frau Mamma e Lingusta passeggiarono ancora per il cento della città fino ad essere lambiti da Morfeo, il quale fu lieto di scortarli presso il loro alberghetto, ove alla stregua del Vecchio di Hemingway sognarono i Draghi ma, tutt’altro che banalmente, l’Ingegnere sognò un albero radicato nella Penisola Ellenica, un albero dalle lunghe e frondose propaggini che, estendendosi nel Vecchio Continente danno origine a città erette su foglie. Son questi gli stati d’Europa, foglie o figlie della Grecia, culla della civiltà.

 

Lahko Noč in Lepe Sanje Kidrič

 

Martedi, 04 Agosto 2015

 

“Dobro Jutro!” fu il buondì del secondo giorno nell’ex stao jugoslavo, giorno che si sarebbe dipanato in Gorenjska. L’Alta Carniola è da molti considerata la più bella regione slovena: confina con l’Austria, vanta la vetta più alta di Slovenia, il monte Triglav, già cima dalle Alpi Giulie, congiunge le stesse alle Alpi Carniche, racchiude nel suo territorio luoghi spettacolari e a Kranj [giocosamente Cranio], capoluogo della regione, si produce, fin dal XV secolo, la specialità gastronomica che delissiò il raffinato ed esigente palato dell’Ingegnere: la famosa Kranjska Klobasa: la salsiccia emblema della cucina slovena. Kranj, capitale della regione, venne giocosamente tradotta dall’Ingegnere Cranio e divenne la base di non poche celie, prima fra tutte quella secondo la quale la salsiccia tipica della regione venisse preparata con polvere di teschi umani.  Oltre al wurst Kranjsk ed alle coppe di Rosmunda, Regina dei Longobardi, la Gorenjska è forse lo scrigno delle perle naturalistiche dello stato balcanico: qui, infatti, si trovano, tra le altre cose, il Lago di Bled e le famosissime Gole di Vintgar, che riscossero il sommo gradimento di Frau Mama.
Abbandonato l’albergo,  i quattro consumarono una parca colassione in un vicino bar, che impressionò l’Ingegnere per l’orgoglio nassionale dei proprietari: era appesa, sulla parete retrostante il bancone, una foto a colori di Tito, con ben visibile autografo in calce, come se si volesse glorificare il maresciallo partigiano. Non sta a noi giudicare la storia… quel che conta è essere testimoni dell’epoca in cu viviamo: a noi, infatti, è conferito l’onore di ammirare la bellessa di un continente risorto da guerre ed oggi baluardo di pace e civilità.

Preso congedo da Lubiana, con la promessa che presto sarebbe stata adeguatamente rivisitata assieme a Kranj, Fritz e Famiglia imboccarono l’autostrada, diretti a Gorje, villaggio di Podhom. Il piccolo paese delle Alpi Giulie si vide popolato già nel Paleolitico e nel Mesosoico; nel Medioevo divenne la Füssen balcanica e, con ogni probabilità, fu coniata lì la campana che oggi giace nelle profondità del lago di Bled…
Rintoccando una “Campanellina del Lettore”, il Linguista sollevò la copertina di uno stupendo libro illustrato, quello di Madre Natura e dei suoi prodigi; lo sfogliò fino alla pagina “Vintgar Gorge” e lì mostrò ai suoi cari, forse, il più bel punto del suo programma.
Alan Milne direbbe: “I fiumi lo sanno, non c’è fretta”, ebbene sì: i fiumi non hanno fretta di terminare il lavoro ad essi affidato, poiché la rasserenante calma è la penna dello scrittore… Col loro placido scorrere, i torrenti sono scultori che, con pasiensa e delicatessa, trasforman il marmo in David… e il Radovna esemplifica tutto questo: cesellando e sgrossando le pareti dell’
Hom e del Boršt, esso ha originato la superba Soteska Vintgar, una forra lunga ben 1600m, scoperta nel 1891 dal sindaco di Gorje, Gospod Jakob Šumer, e dal cartografo, Gospod Benedikt Lergetporer, i quali, abbagliati dal misterioso ed incontaminato luogo, convennero di realissare un percorso turistico ed aprirla al pubblico. La loro idea si compì nel 1893, a soli due anni dalla scoperta, e da allora fiumi di persone visitano le Gole di Vintagr e, come comune opinione, confermata dopo da Frau Mama, esse non abbandonano mai la memoria dei visitatori. Nulla, oltre Vintgar, inebriò tanto la Mamma, che da allora divenne una appassionata di Wanderung, e anche Herr Papa appressò moltissimo le Gole di Vintgar, pur avendo ricevuto un volgare invito alla cautela rivolto da un triviale romano, ossequiato da qualche visitatore che, servendosi di pietre pescate dal fiume, realissava ometti -o inukshuk-.

Percorrendo lignee passerelle, incassate nella roccia vestita di faggi, sospinti dallo scroscio del fiume, assaporando la freschessa del bosco, lambiti dall’acqua guissata dalle rapide, riparandosi all’ombra della turgida flora, caressati dalla bressa alpina, specchiandosi nel fiume smeraldo, si giunge alla cascata Šum, che con i suoi 16m si aggiudica il titolo di cascata fluviale più alta di Slovenia. Oltre a donare ai visitatori un’immagine di singolare bellessa, mediante una diga ed una piccola centrale idroelettrica da 15kW, contribuisce al fabbisogno energetico della regione nord-occidentale. Nel 1906 fu edificato il Ponte in Pietra a singolo arco, unente i monti Hom e Boršt, alto 33.5m rispetto al salto della cascata ed attraversato dalla Bohinjska Proga, ferrovia Transalpina di Bohinj. Contemplando sbigottiti la commistione Natura e Uomo, s’incontra  una nicchia nella roccia ove gli scopritori del canyon a ringrassiamento del superlativo fascino del luogo, poesero un Crocefisso.... L’acqua ghiacciata del fiume e le rocce, coadiuvate da opportune condissioni, hanno consentito l’instaurassione di un microclima che ha favorito la vegetassione di particolari specie vegetali, catalogate da Janes Šafer ed Ivan Godec.
Giunti al termine del percorso, sedotti dalla beltà dell’indeflorato luogo, è offerta la possibilità di tornare all’ingresso/uscita, percorrendo all’incontrario i medesimi pontili, opportunità selantemente accolta da Frau Mamma, che non voleva più andar via…
Sarebbe molto bello parlare delle origini del nome Vintgar e discettare sulla gola, ma questo tradirebbe la vocassione del Diario di Viaggio e ne svilirebbe il luogo…
Come in una caverna ctonia, nella sorgente del Ljubljanica, dimorava il Drago sconfitto da Giasone; come Gorje fu la fonderia delle campane di Slovenia, come a Kranj è possibile trovare negossi di teschi, wurst e bevande longobarde così a Bled fu installata una particolare fucina, alimentata dal Drago di Lubiana, nella quale fu forgiata l’Isola del Lago. Nel piccolo paesino gorenjski1 poco distante dalla Carinsia, conseguentemente all’ultima era glaciale di Würm, l’ivi presente conca tettonica accolse le acque prodotte dal discioglimento del ghiacciaio del Bohinj, -causato dal Drago- che oggi formano il cristallino Lago di Bled, Blejsko Jezero. Esso vede al suo centro un isolotto, Blejski Otok o anche Otoček Sredi Jesera, originatosi dal mancato scioglimento dello stesso ghiacciaio -il Drago s’era stancato- sul quale sorge modesta la chiesina di MARIA Madre di DIO, Cerkev Matere Bošje s jesera. L’assurro specchio d’acqua è cinto dalle possenti Alpi, sulle quali è arroccato il superbo Blejski Grad, Castello di Bled, magione della nobile Poliksena, leggendaria castellana, che era solita ammirare dalla sua finestra l’isoletta, il laghetto e i cigni ivi residenti Stando ad un’antica leggenda, la cui veridicità è suffragata dalla storia, il castello era abitato da Hartman Kreigher, inclemente feudatario, iniquo signore, odiato dai servi della gleba, che un giorno sparì, sensa lasciar traccia. Affranta dalla scomparsa del marito, la sua consorte Poliksena recuperò tutto l’oro e l’argento conservato nei forsieri, riposti nelle segrete del maniero, e fece fondere una campanella d’oro, che avrebbe poi donato alla chiesa del lago. Quando questa fu approntata, Poliksena assoldò alcuni marinai, affinché la trasportassero sull’isola, tuttavia, durante la traversata, un violento temporale ribaltò la barchetta, che affondò per sempre con i mariani e la campana della vedova. In preda alla disperassione, quest’ultima si ritirò a Roma, ove divenne suora e trascorse i suoi giorni in clausura. Quando il papa venne a conoscensa della triste vicenda della ricca signora, fece coniare una nuova campana, “Campana dei Desideri” e la inviò alla chiesa del lago, dove è tutt’oggi conservata. Si narra, inoltre, che chiunque la suoni vedrà un suo desiderio avverarsi e che nelle notti temporalesche e di luna piena, quando le stelle e la luna si riflettono nel lago, sia possibile udire il rintoccare della campanella di Poliksena, auspicio di speransa e motivo di letissia…

La Chiesa sorge sulle fondamenta di un antico tempo dedicato alla dea Šiva e poi consacrato a MARIA nel 745. Nel 1465 fu eretta una piccola cappelletta gotica che, nel XVII sec. fu riedificata in stile barocco, assumendo l’attuale connotassione, caratterissata dai famosi 99 gradini. La lunga gradinata simboleggia i passi della vita, della quale non si conosce il termine: essa è praticata dagli sposi nel giorno delle loro nosse. Una tradissione slovena, difatti, prescrive che lo sposo porti in grembo la sposa alla chiesa dell’isola, salendo la lunga rampa, e giunti lì, questi suoni la Campana di Poliksena, al fine di ottenere buona sorte. Un’altra storia, registrata dal poeta sloveno France Prešeren, racconta che quando la chiesa era tempio della dea dell’amore ed il condottiero pagano Črtomir giunse sull’isola per combattere i Cristiani, Bogomila, figlia di Staroslav, sacerdote di Šiva, se ne innamorò perdutamente e giurò che si sarebbe convertita al Cristianesimo, se il condottiero fosse uscito indenne dalla guerra. La sua preghiera fu esaudita, Bogomila cristiana ricevette il battesimo e restò sull’isola con suo padre; Črtomir, anche lui convertito, divenne missionario ed evangelissò la regione.
Sarebbe stato molto bello visitare la chiesina, raggiungibile mediante le tradissionali imbarcassioni “Pletna”, ma questo non rientrava nelle specifiche di viaggio. La seducente bellessa di un cotanto suggestivo luogo fu, per loro, arricchita da un ulteriore tipo di fascino, quello dei cono gelato: da un bar antistante il lago, i quattro acquistarono e consumarono un dolce merenda cremosa e colorata…
Avvinti dalla languida storia della povera Poliksena, Frau Mamma insistette per visitare il castello di Bled ma, a ragione degli orari, la visita fu posticipata al dopo cena. Forse per la prima volta -per non dire “sicuramente per la prima ed ultima volta”- il Linguista, atavico Reisenplaner, scelse un albergo che da subito fece breccia nel cuore dell’Ingegnere, che da allora asserisce di non esser mai stato in più bell’hotel e che non ne troverà mai più uno simile. Il Linguista condusse loro presso “Tourist Farm
Anš’k-Gostišče Anš’k” una struttura alberghiera allestita in una grande baita in legno, arredata con mobili d’abete e collocata alla sommità di un monte alto ben 900m. L’albergo non aveva nulla da invidiare alle baite svissere (al massimo il contrario) tantomeno alle grassiose casette degli Hobbit. I mobili in legno e le finestre gialle a fondo di bottiglia, decorate con tende a quadretti, l’odore di cucinato, la cortesia dei padroni, il profumo di pino e d’abete e la naturalessa del tutto irroravan l’ambiente di un quid unico che impinguava l’amenità dell’hotel, astraendolo dal contesto cronospassiale. - È come se non fossimo nella Slovenia del 2015, ma in una casa d’albero, dimora di gnomi o in una Stube bavarese del Settecento, assorti nell’ascolto di cacciatori di ritorno dalla venagione e dei Brüder Grimm…- Così l’Ingegnere descrive Gostišče Anš’k-. Accomodatisi nella veranda in legno, i quattro consumarono la loro cena e ripartirono, diretti al Castello di Bled. Grassie a DIO non convertiti al vegetarianesimo, Herr Papà, Frau Mamma, Fritz e Linguista ordinarono rispettivamente: kuhana kolbasa sa čipi (krompir) [Salsiccia cotta con Patatine Fritte e senape slovena] Ričet s klobaso [Suppa di Orso con Salsiccia], Šganci s Seljem [Specialità slovena], Gubova Juha [Suppa di Funghi]

Blejski Grad poggia fieramente sulla vetta, che congiunge le Alpi Giulie e quelle Carniche, a ben 130m slm. Le origini del maniero sono ancora sepolte delle sabbie del tempo, o forse dai ciottoli del lago o dai cubetti di ghiaccio del Bohinj, tuttavia sappiamo che nell’anno 1004 l’Imperatore Heinrich II der Heilige fece dono dei suoi possedimenti blejci ad Alboino, Vescovo di Bressanone, che la fortessa dell’epoca era costituita solamente da una torre romanica, attorniata da mura di cinta e solo nel 1011 fu costruito il castello vero e proprio. Dato che i Vescovi non risedettero mai nel palasso imperiale, esso non vantava interni sontuosi, bensì una curatissima struttura esterna difensiva, che presenta alte torri, possenti fortificassioni perimetrali e, come tutti i castelli che si rispettino, fossato, oggi prosciugato, e ponte levatoio, dal quale entrò gloriosamente l’Ingegnere, pur non accompagnato dal drappello di musicisti suonanti Wagner. Uno dei tanti fittavoli del maniero fu Herbard Auersperg di Turjak, eroe delle guerre contro l’Impero Ottomano, il quale trasformò lo stesso in una roccaforte protestante, che nel 1561 fu visitata dal riformatore del Protestantesimo Sloveno, Primož Trubar, lo stesso che nel giugno 1550 stampò a Tübingen, sotto la supervisione di Guttemberg, i primi due libri in lingua slovena,  “Katekisem” e “Abecedarij”. Nel castello di Beld è ancora possibile ammirare un prototipo della stampa a caratteri mobili dell’epoca e visitare la piccola tipografia del castello. Infine è sopravvissuta ai secoli una piccola cappella consacrata dal vescovo Alboino e consacrata a St. Ingwin. Dalla grande terrassa atriale si ha una spettacolare vista dell’isola e del lago, quella sera illuminato dalla luna e riverberante stelle… Una simile immagine non poteva che evocare tempi andati e indurre a riflettere sulla vita al castello: i cortigiani o le guardie di ronda che, passeggiando o battendo il perimetro della terrassa, gettavan l’occhio sul lago o sulle montagne, inalando con cupidigia la fresca aria profumata dagli alberi… Come guardie o nobili, anche Herr Papà ed i suoi cari assaporarono la loro ultima notte in Slovenia, il castello, il lago, la luna le stelle e, forse, udiron anche la campanella di Poliksenna…
Il Blejski Grad arrocato sul monte, con il ponte levatoio, la rubusta cinta e la macchina da stampa a caratteri mobili in piombo destarono l’interesse e l’appressamento di Herr Papà, tanto da prenotarsi per il prossimo tour della Slovenia.

Tornati in hotel, Fritz corse nella sua stansa, per la prima volta nella sua vita, ansioso di dormire. L’Ingegnere non vedeva l’ora di delibare il suo candido letto in legno, come fosse uno gnomo, un cantastorie bavarese, l’avventore di un Gasthoff tirolese o, verosimilmente, un viaggiatore che aveva trovato la sua baita nel posto più inaspettato.
              Gute Nacht und süße Träume! Das ist meine Slowenische Nacht!

 

 

Epilogo

 

Il mattino dopo, L’Ingegnere, fatto prigioniero dal Drago di Lubiana o ancora errante nella Gola di Vintgar, si destò faticosamente e, recatosi sul terrasso della sua stansa, salutò i cervi e gli stambecchi intenti a consumare la colassione vegetale, cortesemente offerta dal cordialissimo albergatore Davorin, e servita nelle mangiatoie da lui appositamente costruite….

Dopo aver gustato l’ultimo caffè sloveno, con la valigia colma di meraviglie, i quattro si accomiatò dal suo hotel, con la promessa che quello ero solo un “Auf Wiedersehen” o “Nasvidenje” e non un “Addio”…

Speculando sulla parolina “Koroška”, l’Ingegnere s’accinse a visitare la sibillina Koroška o, se si preferisce, Kärnten o Carinsia, ma questa è un’altra storia…. un’altra storia narrata in un’altra pagina di questo stesso Diario…

 

                                                                Adieij

 

Quello in Slovenia fu uno dei più bei viaggi familiari dell’Ingegnere, che da allora coniuga la sua Famiglia a Lubiana, a Vintgar, a Bled. Grato ad IDDIO onnipotente per il successo del viaggio, l’Ingegnere leva una preghiera di ringrassiamento…

Tornato a casa, Fritz fu contattato dal giornalista portoghese Antonino Ribeiro per la stesura di un articolo sulla Repubblica di Ušupis e, successivamente, collaborò con lui per un articolo su Bled pubblicato sulla rivista turistica portoghese “Fugas”, fruibile dal riferimento in Bibliografia.

L’Ingegner Fritz Von Baumann desidera ringrassiare Ms Marija di Bled per la disponibilità accordatagli durante la stesura del presente Diario di Viaggio, sensa il cui aiuto non sarebbe stato possibile raccontare di Bled, nonché il Bled Culture Institute, e Ljubljiana Tourismus.

 

Über i Protagonisti


Fritz Von Baumann, L’Ingegnere:
La Slovenia è stata la mia 13a frontiera, e come ogni stato che mi accingo a visitare, anch’essa vestiva l’abito della curiosità, quella volta con qualche toppa in più…. toppa costituita dalla comune idea di paese balcanico: stato jugoslavo ed asburgico, quindi avviluppato dalle caratteristiche tipiche della Jugoslavia e dell’Europa centrale. Sebbene fondata e coerente, l’immagine dello stato alpino nega fortemente i luoghi comuni, infatti il Drago, che non è solo una decorassione, ma una mia metafora della Slovenia, sputa meraviglie e non fuoco…. Non incendia come gli ordigni delle guerre, ma incanta come un gioco pirico di un mangiafuoco ungherese...

Ringrassio l’ALTISSIMO per questo viaggio e son davvero felice d’aver visitato la Città dei Draghi, augurandomi di tornarvi presto per poterla meglio visitare.
Herr Papà: Soddisfatto della prima parte del viaggio e conquistato da una Jugoslavia ben aliena da quella proverbiale, s’accinse a tornare nella “sua” Austria… Austria, odiata e amata, che quella volta avrebbe potuto redimersi o condannarsi. Cosa accadde, mi chiederete, ad Herr Papà? Accaddero tante cose, e della bella Austria non resta che il ricordo come di una vecchia amica, congedata con la promessa di esser presto ritrovata.

Frau Mamma: Dal 04 Agosto 2015 in poi, la parolina “Slovenia” è solo sinonimo di Vintgar: la tappa di un lungo viaggio che, in guisa ad un Drago, l’ha imprigionata non in una caverna, ma in una “foresta incantata”, non popolata da elfi e coboldi, ma alberi e ruscelli o forse da Mago Merlino.  Se un tempo la Slovenia era grigia come i carri armati oggi è verde come il Radovna...

 

Diario Pubblicato il 06.01.2020, Epifania del Signore Dreikönigsfets

 

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-EU10SL01082015-

Puoi guardare le foto di questo viaggio al link:

http://www.fritzvonbaumannsfoto.altervista.org/dove-i-draghi-sputan-maraviglie-2015/




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